martedì 7 settembre 2010

IL CONCERTO VS Il rifugio


Accostamento per differenze in questa duplice recensione dove i film presi in esame hanno in comune solo la brevità del titolo, in entrambi i casi di due parole una delle quali è l'articolo "il".
Per il resto è come paragonare un cigno ad un ramarro.
Quelli di voi che preferiscono la seconda bestia alla prima, possono sicuramente apprezzare Il Rifugio, un esempio eclatante di come giovani autori francesi, credendo di avere talento, tentino di replicare l'arte di Truffaut e la poesia di Rohmer senza minimamente riuscirci.
Si buttano sull'intimismo di maniera, convinti che, per accontentarci, basti mettere in scena 4 gatti facendoli drogare, ingravidare, morire, accoppiare (secondo le tre possibili varianti: etero, omo e bisex), senza curarsi che il tutto, data la povertà dei dialoghi, risulti privo di reali conflitti interiori mai veramente approfonditi.
Ma questi francesi si sbagliano. Noi spettatori vogliamo di più!
A molti di noi piacciono i cigni, quei superbi animali che da brutti anatroccoli si trasformano in meraviglie della natura.
A chi cerca la meraviglia consiglio dunque IL CONCERTO, ancora reperibile in seconda visione, una pellicola che non ha bisogno né di effetti speciali, né di fotografia patinata, né di attori famosi per essere considerata un film bello come un cigno.
Il genio ironico di Radu Mihaileanu (già autore dell'originale Train de vie) ci offre ancora una volta la possibilità di sorridere (o anche di ridere) dei suoi affreschi sociali, microcosmi nel macrocosmo, che tanto bene sa dipingere con brevi e fresche pennellate. Accostando il suo talento per la commedia dolceamara ad emozioni forti e commoventi, è capace di esaltare lo spettatore.
Col solito gusto per la sceneggiatura brillante, sagace e di qualità, che narra di simpaticissimi disperati votati per sopravvivenza ad imprese impossibili, il regista ci coinvolge stavolta nella realizzazione di un improbabile concerto per violino (il N. 1 di Čajkovskij) ad opera di un'eterogenea, caleidoscopica e del tutto fittizia orchestra del Bolshoi di Mosca.
A metterla insieme, per poter suonare a Parigi sostituendo quella vera, è il maestro Andreï Filipov, un tempo grande direttore di fama mondiale, ora umiliato e degradato per mano del regime comunista dall'epoca di Brežnev.
In cerca di riscatto personale e con un duplice e profondo desiderio di chiudere i conti con il proprio passato, il maestro viene fiancheggiato da sublimi personaggi di contorno, che a tratti gli rubano la scena, in una girandola di avvenimenti sempre più incalzanti dove l'altro onnipresente protagonista è la passione.
In questo caso, la passione che solo la Musica con la "M" maiuscola sa ispirare, che ci travolge fin nel profondo e che qui trova la sua massima espressione proprio nel coinvolgente e straordinario concerto del titolo.
Un concerto che consiglio anche al regista François Ozon: che esca dal suo miserabile rifugio e lo vada a vedere ed ascoltare per capire come va fatto un film.

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