martedì 30 agosto 2011

LE AMICHE DELLA SPOSA - Un inarrestabile ciclone di risate

Quand'è che una commedia funziona? Facile: quando, appena fuori dal cinema, ti metti a ripetere le battute migliori con gli amici.
Se poi fai la stessa cosa anche il giorno dopo, aggiungendo quello che la sera prima avevi dimenticato di citare, allora vuol proprio dire che quella commedia ha una marcia in più.
Questo è, insospettabilmente, il caso di LE AMICHE DELLA SPOSA, una pellicola a cui, sulla carta, non si darebbe credito più di tanto.
Un demenziale su un disastroso addio al nubilato con comiche in gonnella?
"No, grazie!", verrebbe da dire, perché abbiamo già i terribili maschiacci a cavalcare l'onda del "genere" e questo film poteva anche risultare una starnazzante imitazione di Una notte da leoni tinta di rosa confetto.
Quando, però, alla produzione/supervisione abbiamo quel geniaccio alternativo di Judd Apatow, bisogna sempre aspettarsi qualcosa di diverso dal solito.
Apatow si sta distinguendo nel panorama d'oltreoceano con un tocco tutto suo, che usa per personalizzare ogni commedia che di volta in volta scrive e/o dirige e/o produce.
A partire dalle tematiche, non esattamente banali, che si "permette" di affrontare col sorriso sulle labbra (si vedano ad esempio 40 anni vergine, Molto incinta, Funny people), passando per una comicità che alterna uno humor tutto da interpretare a gag grevi e sguaiatissime, Judd il terribile si diverte a punzecchiare il pubblico, quasi infastidendolo mentre, contemporaneamente, lo fa ridere a crepapelle.
Si diverte anche a scovare talenti e a lasciargli ampio margine di azione.
Dopo Steve Carell e Seth Rogen è il turno della bella e talentuosa Kristen Wiig, attrice televisiva a cui Apatow ha addirittura chiesto di scriversi una sceneggiatura addosso.
Una sfida coi fiocchi, che lei ha accettato (insieme alla sua collega Annie Mumolo, parimenti inesperta su questo fronte) impiegando ben 4 anni per portarne a termine la scrittura.
Con un risultato impeccabile ed esilarante.
Gag, battute, smorfie e situazioni paradossali si susseguono a buon ritmo, lasciandoci spazio tra una risata e l'altra, quel tanto che basta a riprendere fiato e rimanere estasiati dalla bravura degli (delle) interpreti, in primis della protagonista (la Wiig, appunto).
Questa biondina esile e raffinata, dai dolci occhi blu e dal sorriso radioso, è stupefacente come imbranata sfigatissima, che una ne pensa e cento ne combina, rischiando di passare alla storia come la peggior damigella di nozze del cinema americano... ma anche, assolutamente, la più irresistibile.
In un momento in cui tutta la sua vita sta andando a rotoli, la sua migliore amica la aggrega ad un improbabile (e impareggiabile) gruppo di altre "tipe da manuale" per capitanare l'americanissimo "ambaradan" che precede le nozze. In aperta rivalità con la Miss Perfezione di turno, che ambisce a rubarle ruolo e amica, Annie (questo il nome del personaggio) sarà causa e vittima di un disastro dietro l'altro in un'apoteosi di situazioni imbarazzanti che solo la risata può rendere sopportabili.
A questo proposito, nonostante lo scheletro del film sia solidamente "classico", vengono qui sfatati parecchi miti (hollywoodiani e non), a partire dal fatto che la comicità femminile può stare al passo di quella del "sesso forte", reggendo in credibilità e bravura anche su terreni rischiosi come le terribili "gag da gabinetto".
Vedere per credere.

giovedì 25 agosto 2011

HARRY POTTER – Ultimo atto

Ha abbandonato le sale da poco più di una settimana l'ultimo capitolo cinematografico dedicato alla saga del maghetto più famoso del mondo e i fan si chiedono, indecisi, se sentirne la mancanza o meno.
L'exploit letterario quasi senza precedenti nato dalla penna della Rowling ha ridato linfa vitale al genere fantasy in toto e, in questi ultimi 15 anni circa, se ne sono rinverditi i fasti in tutte le sue sfaccettature, con la rinascita di draghi, vampiri, licantropi, demoni... e chi più ne ha più ne metta.
Il cinema ne ha approfittato a mani basse con produzioni più o meno fedeli al testo, di varia qualità e alterno gradimento.
In merito alla saga di Harry Potter, si può dire che lo sceneggiatore del quinto episodio (L'ordine della Fenice) Michael Goldenberg firma forse uno dei migliori adattamenti, mentre allo sceneggiatore ufficiale Steve Kloves riconosciamo un ottimo lavoro di media (eccellente nel caso de Il Prigioniero di Azkaban), ma non perdoniamo lo scivolone del deludente Il Principe Mezzosangue.
Con I Doni della Morte - Parte II chiude degnamente, con fascino abbastanza agguerrito e tormentato, l'intero ciclo, grazie anche alla buona regia del veterano della serie David Yates.
Tutto sommato, dunque, un ultimo capitolo più che dignitoso, di buon impatto sia visivo che emotivo e con una più che discreta aderenza al testo.
Forse si sarebbe preferito qualche azzardo ancora più toccante o mirabolante, ma a volte l'eccesso stona e il profilo mantenuto per questo ottavo film di Harry Potter risulta più che apprezzabile.
Anche per gli appassionatissimi era forse tempo che si arrivasse a degna conclusione e così è stato.
Molto materiale scritto e filmato ci resta in memoria, il prologo della colonna sonora composto da John Williams ci ronza in testa e un piccolo solco a forma di HP ci riga il cuore.
Un pochino, solo un pochino, ne sentiremo la mancanza, nonostante tutto.
Goodbye, baby, goodbye.

mercoledì 24 agosto 2011

CAPTAIN AMERICA – il bravo ragazzo americano

Mosse le doverose critiche 1. al volto dolcissimo, ma eccessivamente inespressivo del bel Chris Evans (sfoggiava maggiore mobilità facciale come “Torcia Umana” ne I Fantastici 4) e 2. alla scelta di confezionare il film come lunga premessa al successivo capitolo dedicato ai “Vendicatori”, ammetto che questo CAPTAIN AMERICA non mi è dispiaciuto del tutto.
Risulta assai migliore il primo tempo del secondo, con l'ampio spazio dedicato alla costruzione del personaggio e alla nascita di un eroe.
La
scelta degli autori appare coraggiosa e per certi versi originale in un film ispirato ai fumetti, dove solitamente (tranne in rarissimi casi) la trasformazione di un uomo comune in supereroe avviene con una manciata di sequenze che non durano più di tanto per non togliere minuti di pellicola all'azione, allo scontro con l'antagonista, al salvataggio del pianeta.
Qui, invece, se la prendono comoda per ricreare in modo gradevole, tra il serio e l'ironico, l'atmosfera “tipicamente” americana degli anni '40 (con i suoi bravi ragazzi e l'enfasi per lo Zio Sam che chiama alle armi) e per donare un po' di sfaccettature al giovane Steve Rogers, futuro Captain America, di modo che, vista la sua bontà così pura e cristallina, non rischi addirittura di annoiarci.
A movimentare il tutto, oltre alla Seconda Guerra Mondiale, c'è ovviamente il nemico di turno, il crudelissimo Teschio Rosso, che supera in eccesso di follia persino i suoi “colleghi” nazisti.
Come sempre, ottima la scelta di far impersonare il malvagio assoluto da Hugo-Agente Smith-Weaving che, come ha detto qualcuno, ha la faccia da super cattivo persino quando interpreta Re Elrond ne Il Signore degli Anelli.
Aspettiamo dunque il sequel, dove l'ultra potenziato e umanissimo Captain America si unirà ad un folto gruppo di supereroi molto dotati (i Vendicatori, appunto) e, nel frattempo, vediamo cosa ci riserva Lanterna Verde, di imminente uscita nelle sale.
Pubblicata anche su MyMovies.it

mercoledì 10 agosto 2011

The Conspirator - il "solito" buon film

Per gli amanti del classico film americano che denuncia pregi e difetti della Legge made in USA, è da poco passata nelle sale la solida pellicola dell'immortale Robert Redford.
Diretto con sobria eleganza dal vecchio mestierante e avvalendosi di un cast pregevole, capace e senza sbavature, il film ci narra il “solito” pezzetto di storia statunitense col “solito” confronto tra giustizia e verità per decidere quale delle due debba essere scritta con la lettera maiuscola.
Stavolta il tribunale che vede dibattere il "solito" avvocato idealista in difesa dei diritti umani è situato nel 1865 ed il processo si svolge contro Mary Surratt, accusata di aver cospirato per l'assassinio di Abraham Lincoln.
Di fatto, il ministro della guerra ne vuol fare un capro espiatorio per placare la nazionale sete di vendetta per la morte dell'amato presidente in assenza dell'unico cospiratore sfuggito all'arresto, il di lei figlio John.
Il verdetto è dunque già deciso e l'avvocato è costretto (prima dal suo mentore e poi dalla sua coscienza) a farsi difensore di una causa persa.
Come nella migliore tradizione, l'eroe senza macchia si trova diviso tra due ideali.
In questo caso: l'amor di Patria (è un capitano nordista appena rientrato dal fronte e fresco di medaglia al valore) e l'amore per la Costituzione, la quale sancisce il diritto ad un processo equo per chiunque, anche per un presunto colpevole.
“Niente di nuovo sul fronte occidentale”, dunque e sono chiari i motivi per cui questo film, nonostante l'ottima confezione e la bravura dei suoi interpreti, non abbia avuto che una tiepida accoglienza in casa.
Da un lato, nulla aggiunge a quanto già non si sappia (sia da un punto di vista storico che di soluzioni narrative), dall'altro, è l'ennesima tirata d'orecchi di un regista per l'incoerenza dei propri connazionali: sempre pronti ad acclamare grandi diritti e, subito dopo, a calpestarli.
A Redford che dire? Si doveva fare meglio o, a questo punto, non si doveva fare affatto?
Forse. Perché il sospetto che sia un buon film, ma assolutamente inutile c'è.
Pubblicato anche su MyMovie.it