domenica 20 dicembre 2009

IL MIO AMICO ERIC

Non occorre amare il calcio, o il Manchester United, o il fuoriclasse Eric Cantona, per amare questo film.
Non occorre nemmeno amare particolarmente lo stile sobrio, impegnato e personale del bravissimo Ken Loach per amare questo film.
Questa piccola grande pellicola, tutta da scoprire, può essere amata al di là dello spunto da cui prende vita e al di là della sua realizzazione. Lo sport può non piacervi, il cinema inglese neppure, i film a basso costo nemmeno... ma le emozioni, quelle, a chi non piacciono?
Chi non cerca un battito in mezzo al petto che ti coglie di sorpresa?
Una scoperta, un imprevisto, una tensione, un sentimento, una soluzione, un volo di fantasia, un'esultanza... insomma qualsiasi cosa ci possa coinvolgere, o anche travolgere, purché ci faccia sentire vivi.
E col suo tocco inconfondibile, perché sempre sgranato e sempre immerso nel ritratto di storie umane al margine, ma finalmente lieve, che ti sa carezzare dopo il pugno dritto nello stomaco, o consolare dopo lo schiaffo che ti brucia la faccia, Ken Loach ha fatto goal.
Scarta il dramma quasi insostenibile (tipo Ladybird Ladybird) senza abbandonare la palla del quotidiano duro da affrontare; corre sulla fascia laterale di una storia d'amore irrisolta; sorprende con un passaggio all'immaginario; si smarca zigzagando tra un flashback e una risata e tra una violenza e una tenerezza; riceve tutto il carisma di un mito del calcio sfruttandolo al meglio; prepara il suo messaggio, positivo nonostante le avversità, con decisione e delicata angolazione; tira... ed è rete!
Dritto dentro la porta del nostro cuore.
Filosofia e simpatia, amicizia e gioco di squadra, immaginazione e partecipazione, disperazione e speranza, amore paterno e grande amore... tutto questo ed altro ancora in una bella partita giocata su grande schermo anziché allo stadio.
Lasciatevi sorprendere da "Il mio amico Eric": alla fine farete il tifo insieme a me.

domenica 25 ottobre 2009

BASTA CHE FUNZIONI


E' consolante vedere come, anche in vecchiaia, si possa ritrovare un'ispirazione, un guizzo di gioventù, un sollievo dalla pesantezza del tempo che passa.
E' quello che è capitato al Woody Allen fine umorista e che, di conseguenza, fa capitare anche al protagonista del suo ultimo film BASTA CHE FUNZIONI.
Boris Yelnikoff è un sessantenne, ex fisico quantistico, che ha sfiorato il nobel e che vive nella sua torre d'avorio fatta d'intelligenza superiore - completamente sprecata-, caos totale, misantropia, attacchi di panico e disprezzo verso il prossimo.
A quest'uomo terribile, per indulgenza di un destino beffardo ma benevolo, viene data una doppia chance di ritrovare l'armonia. Più consolante di così...
L'alter ego ci parla e ci diverte in perfetto stile Alleniano. Quello stile inconfondibile che tanto piaceva a noi cultori del prolifico regista, che ha fatto la sua fortuna e che qui ritorna brillantemente rispolverato come il figliol prodigo torna alle sue radici.
Bisogna ammetterlo: un po' di nostalgia delle sue caratteristiche paranoie newyorkesi, dei suoi quadretti borghesi così paradossali, della sua ironia mordace e surreale, l'avevamo.
Eccoci ripagati dal caro, vecchio Woody che “torna a deliziarci”, come si suol dire, con una commedia “alla Allen” dove mette in scena tutta la sua sagace dialettica di un tempo e porta all'eccesso, ma in modo divertente, la sua tipica critica al grottesco della varia umanità occidentale.
Usa anche il suo protagonista per auto-celebrarsi come non mai, dichiarando su pellicola che esclusivamente lui (Boris/Woody) possiede una “visione d'insieme”.
Un tantinello presuntuoso, ma... vabbè, glielo perdoniamo solo perché ci ha fatto tanto ridere in passato e c'è riuscito ancora una volta, nonostante tutto.

mercoledì 15 luglio 2009

HARRY POTTER e il Principe Mezzosangue - Mah... che dire...

Sembra impossibile che dopo sette libri di successo mondiale, e cinque adattamenti riuscitissimi, la trasposizione del sesto capitolo della saga di Harry Potter possa deludere.
Eppure è così.
“Deludente”, con mio grande, immenso rammarico, è l'unica parola che ben descrive questo film, potenzialmente eccellente, ma di fatto privo di reali suspense ed inventiva.
Troppo manca del fascino del libro e anche della sua sostanza, dato che viene lasciato spazio eccessivo ad eventi marginali accennando appena alcuni degli aspetti più cruciali.
Così la pellicola non riesce, come invece riuscivano le precedenti 5, a sopperire degnamente agli indispensabili tagli che il linguaggio cinematografico impone a quello letterario.
Tutto il ritmo che sembra trasparire dal trailer resta nel trailer... e non c'è niente di peggio che vedere in soli due minuti le scene migliori di due ore e mezza di film.
A onor del vero, il primo tempo è assai gustoso, ma sembra soltanto una lunga premessa a qualcosa di sostanzioso che deve ancora succedere.
Dopo, però, si ha davvero l'impressione che succeda poco, troppo poco, e a questo non ci avevano abituato i precedenti capitoli su grande schermo.
Cos'è successo a Steve Kloves, sceneggiatore di tutti gli adattamenti? Che si sia stancato?
E dire che sembrava aver assimilato così bene l'universo creato da J. K. Rowling, fino ad ora.
E dire che sono corsa a vedere il primissimo spettacolo pomeridiano nel primissimo giorno di programmazione...
E dire che... mah, che dire...? Peggio per me.
Ma voi siete ancora in tempo per NON correre al cinema. Sigh...

UNA NOTTE DA LEONI - Stupefacente

Prendete l'umorismo un po' greve di Animal House, quello più elegante e sottile di Fandango e un pizzico di surreale da Cose molto cattive. Ora shakerate il tutto.
Se siete degli abili barman, ne verrà fuori il perfetto cocktail che il regista Todd Phillips e gli sceneggiatori Jon Lucas e Scott Moore hanno saputo servire a noi che ci ubriachiamo col grande schermo.
Regalandovi la visione di questa folgorante commedia, uscirete dal cinema ebbri di contentezza.
Proibito essere astemi quando gli ingredienti del cocktail sono montaggio ritmato, attori in parte, battute brillanti, situazioni paradossali e risate, risate e ancora risate. Sane, genuine e gustosissime.
Il pretesto del viaggio-sballo per l'addio al celibato non è nuovo, nella filmografia americana. Ma qui è reso originale dalla solidità di una sceneggiatura e dal brio di una regia che non ti lasciano un minuto di pausa, trascinandoti in una corsa contro il tempo e a ritroso, in una giostra popolata da personaggi di volta in volta assurdi, imprevedibili e, comune denominatore, divertentissimi. Sembrava la solita commediola senza sostanza, e invece no, la sostanza c'è e ha un buon sapore.
Bevete d'un fiato Una notte da leoni: sbornia sì, ma di classe!

CORALINE e la Porta Magica

Questa affascinante pellicola in stop-motion, dalla perfetta realizzazione tecnica e registica (by Henry Selick di Nightmare before Christmas, n.d.r.), sa mantenere tutte le aspettative che un racconto di suspense, in equilibrio tra sogno e realtà, ci può trasmettere.
Superbamente diviso tra brivido e stupore, lo spettatore viene attirato nel mondo di Coraline, una ragazzina “tosta” e annoiata dalla forzata solitudine, che casualmente scopre una realtà parallela.
Qui la vita imita il suo quotidiano, ma in modo molto più colorato, divertente, allettante. Almeno in apparenza.
Gli aspetti più terrificanti della storia, tratta dall'omonimo romanzo di Neil Gaiman, vengono svelati man mano con buon ritmo e giusta dose di tensione.
E non ci vengono risparmiati solo perché i possibili spettatori sono dei bambini.
A loro non viene nascosto nulla, né dei genitori distratti (moderno incubo di solitudine fanciullesca), né gli oscuri misteri che si celano dietro un aspetto ingannevole, né la malvagia potenza di una matrigna possessiva e crudelissima.
Brividi a volontà vengono elargiti ai piccoli che, col loro sguardo avido di meraviglie, accompagneranno Coraline nella sua avventura.
E alla fine verranno ripagati, tanto dalla bellezza delle immagini, quanto dalla vittoria, come è giusto che sia, della protagonista in lotta contro surreali avversità.
Agli adulti, intanto, il compito assai facile di afferrare la morale... e farne tesoro.

giovedì 16 aprile 2009

Ponyo sulla scogliera

Il genio dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki ha donato tratti indimenticabili a personaggi della nostra infanzia quali Heidi, Anna dai capelli rossi, Lupin III, Conan ragazzo del futuro
Ci ha regalato lungometraggi intrisi di fascino arcano, onirico e stupefacente come Nausicaa della Valle del Vento , Principessa Mononoke, La città incantata e Il castello errante di Howl.
Ora torna a farci omaggio di un’opera, interamente disegnata a mano in piena era digitale, delicata e deliziosamente poetica, puro piacere per gli occhi e carezza per l’anima.
In questa storia di mare, magia e amicizia, dove la pesciolina rossa del titolo vuol diventare umana per stare col suo piccolo amico Sosuke, causando burrasche e non pochi guai in una tranquilla cittadina portuale, tutto è giocato con lieve, colorata, poetica, accattivante dolcezza.
Non manca l’accenno ecologico tanto caro al maestro Miyazaki, che da sempre ha molto a cuore i temi della Natura (come anche quelli della Pace, e dell’accettazione del diverso da sé), ma manca completamente il cattivo…
Particolarità alquanto bizzarra che rende ancor più magico il tutto, come un allegro acquarello fanciullesco in cui perdersi senza timore, in cui tuffarsi senza riserve ammirando le vivaci tonalità rasserenanti. Godetevi, dunque, un po’ di tranquillità e senza rinunciare al buon gusto.

giovedì 12 marzo 2009

THE MILLIONAIRE – Oscar meritati

Giusto una decina di voi non sarà ancora andata al cinema a vedere questo film. Al massimo 5 o 6 non avranno letto mai nulla su questa pellicola. Non più di 2 o 3 saranno all’oscuro del fatto che ha trionfato alla notte degli Oscar.
E’ a questo sparuto manipolo di anime perse che dico: CORRETE in sala!
Senza avere un regista americano, senza avere una produzione hollywoodiana, senza avere un cast stellare, senza intitolarsi Titanic, The Millionaire vince 8 statuette dopo essere rimasto in prima visione da dicembre a marzo. Un motivo ci sarà.
E c’è. C’è un’intera serie di buoni motivi.
L’ossatura della trama: povertà, lealtà, violenza, speranza, amore. Possono bastare elementi molto semplici per fare grande una storia.
La muscolatura, la forza motrice della pellicola: degli attori – anche i bambini – intensi e credibili, un montaggio rapido e senza intoppi, una regia vivace e puntuale, una bellissima colonna sonora (questi ultimi tre elementi quasi una costante per Danny Boyle, regista inglese di Trainspotting).
L’arteria principale: una sceneggiatura senza tempi morti. Corre dall’inizio alla fine del film trasportando la sua linfa vitale: un susseguirsi di situazioni che alternano orrore a meraviglia, strappandoci lacrime e sorrisi, suscitando rabbia e poi sollievo, tensione e poi esultanza.
L’epidermide: un’ambientazione fin troppo cruda e scomoda, seppur romanzata, nell’India meno esotica, fotografata coi suoi colori sgargianti, ma senza la patina da travel magazine, nella sua vita di strada e miseria.
Il cuore del film? Un pretesto: un destino prima crudele e poi beffardo che sa premiare chi ha fede in una meta da perseguire.
Guardate The Millionaire con interesse e un pizzico di aspettativa (che non andrà delusa), come guardereste una persona dal fascino discreto, complesso, schietto e misterioso al tempo stesso… e rischiate d’innamorarvene.

venerdì 6 marzo 2009

TWILIGHT – in seconda visione

Ai pochi che non l’hanno ancora visto posso solo dire che non bisogna essere snob.
Se riuscite a liberarvi da facili preconcetti sulle storie che hanno dei diciassettenni come protagonisti e se subite almeno in parte il fascino di Dracula, potreste trovare in questa pellicola un qualche pregio.
Può sempre incuriosirvi la storia, tratta dall’omonimo best seller di Stephenie Meyer, di una giovane dei nostri giorni, solitaria e riservata, attratta da un vampiro suo (si fa per dire) coetaneo che, per buona salute della ragazza, sta domando la propria natura e si nutre solo di sangue animale e non umano… Originalità, questa, che non salva del tutto la fanciulla dal pericolo: è pur sempre una storia di non-morti e non tutti sono “vegetariani”.
Da un punto di vista tecnico, notevole la fotografia, dai toni freddi e sgranati, che rende un buon servizio all’atmosfera ombrosa del film. Niente male il montaggio e la colonna sonora, in generale ben amalgamati e addirittura ottimali nella godevolissima sequenza della partita di baseball.
Buona la regia nel complesso perché non si perde in grosse sbavature, ma anzi mantiene un tono “minimalista” nel presentarci, senza calcare eccessivamente la mano, questa storia di vampiri dei nostri giorni.
A non farne la confezione perfetta che poteva essere concorre la sceneggiatura: persino senza aver letto il libro, in alcuni punti sembrerà frastagliata, e il mancato raccordo tra le situazioni rischia d’infastidire. Anche i due protagonisti, seppure adeguatamente affascinanti, rischiano d’infastidire perché ancora un tantino acerbi in fatto di recitazione.
Speriamo migliorino nel sequel.

Dopo il letargo

Ho latitato. Ogni tanto capita. Riparto con un paio di seconde visioni, tanto per recuperare un po’ di lavoro arretrato…