mercoledì 3 febbraio 2010

AVATAR

Mi piacciono questi registi che del cinema hanno capito tutto.
James Cameron che, non dimentichiamolo mai, ha diretto Titanic, sa cosa vuole lo spettatore e, adesso che con la computer-grafica ogni sogno immaginato può diventare “realtà”, glielo offre confezionato su misura come il più perfetto abito d'alta sartoria.
La storia è quella dei migliori western, con i cattivi visi pallidi contro i pacifici indiani.
I primi, come da tradizione, vogliono a tutti i costi accaparrarsi le risorse minerarie del territorio (l'oro del futuro si chiama unobtanium, costo: 20 milioni al chilo) e sono forniti di tecnologia e artiglieria di primissima scelta e avanguardia: alla stupenda scenografia non si potrebbe chiedere di più.
I secondi sono forniti “solo” di qualità straordinarie: una statura -fisica e morale- straordinariamente superiore a quella umana; una straordinaria empatia con la Natura, con gli Alberi, con gli Spiriti della loro terra e dei loro Antenati; una straordinaria abilità come cacciatori e guerrieri; una straordinaria destrezza come cavalieri, una straordinaria capacità di domare/pilotare creature volanti cugine dei Draghi... Praticamente uno straordinario incrocio del 2.154 tra i Nativi d'America e gli Elfi Silvani.
In mezzo sta il più puro antieroe/eroe che, dopo aver reso il giusto tributo tanto alla figlia del capo quanto a Madre Natura, da semplice caporale dei marines si trasformerà in Soldato Blu: guiderà gli indigeni alla riscossa non prima del discorso di rito, a metà tra il William Wallace di Braveheart e il Re Aragorn al Nero Cancello di Mordor...
Da come ne sto parlando -ironicamente- potrebbe sembrare che il film non mi sia piaciuto.
Errore. AVATAR è bellissimo.
Al di là della sceneggiatura già nota (e comunque rispettabile seppur banale), tutto quanto il resto è davvero magistralmente spettacolare e merita in modo assoluto di essere visto su grande schermo.
La classica trama di fantascienza, il fantasy più aulico (elfico-new age, appunto), l'azione, l'epica e l'avventura sono cuciti tra loro e così finemente intrecciati con i sublimi effetti speciali che vi sembrerà di ammirare un superbo arazzo: ricco di dettagli tutti ricamati minuziosamente, dove ogni particolare vi riempirà gli occhi per come è stato intessuto con la più accurata perfezione.
A due o tre dimensioni che sia (tanto, se foste seduti in posizione laterale con gli stramaledetti occhialetti scurenti perdereste comunque buona parte dell'effetto 3D...) andrebbe guardato più di una volta: l'onore che spetta a tutte quelle cose belle dove da vedere c'è così tanto che non basta una sola occhiata.
Per la lunghezza chilometrica non vi spaventate: come ho già detto, James Cameron (qui anche sceneggiatore) sa a tal punto il fatto suo che, alla fine, non vi sarà possibile credere di aver passato quasi tre ore seduti su una poltrona del cinema.
Quando si dice conoscere il mestiere.

lunedì 1 febbraio 2010

L'UOMO CHE VERRA'

Questo film, particolarmente bello, parla della Storia, quella che pochi di noi conoscono davvero, mentre i più ne hanno a malapena un vago ricordo o ne hanno solo sentito parlare.
La Storia di un'Italia in cui affondiamo le radici senza neanche saperlo.
La Storia che non si può cambiare.
La Storia che si può e si deve raccontare, ma su cui piangere sarà inutile, perché la Storia quella è e quella rimane.
Attoniti spettatori la staremo a guardare, in buona parte attraverso gli occhi di una bambina (straordinaria e meravigliosa l'esordiente Greta Zuccheri Montanari) che per scelta resta muta di fronte alle tragedie della vita.
Ce l'hanno insegnato i nostri nonni (o bisnonni), per chi ha avuto la fortuna di starli a sentire, che stare al mondo è anche fatica e dolore, ma non serve sprecarci sopra tante parole, serve solo continuare a vivere.
E' con questo spirito, asciutto e parsimonioso, senza gli sprechi tipici di certo cinema melodrammatico, che Giorgio Diritti, poeta del grande schermo, ci racconta microcosmo e macrocosmo della campagna emiliana del 1944 alle soglie di un eccidio realmente avvenuto.
Il microcosmo è quello inventato, ma ricostruito minuziosamente e fedelmente nei dettagli quotidiani, di una famiglia che fa da filo conduttore. Prima ci ricorda com'eravamo e da dove veniamo, perché se siamo vivi lo dobbiamo alla terra e ai contadini che l'hanno lavorata e per essa sono morti.
Poi ci traghetta verso una tragedia annunciata, frutto di un'infausta stagione, e quella non è per niente inventata: la stagione della guerra. Se l'uomo decide di farla, non importa da che parte starà perché diventerà per forza ingiusto, spietato e crudele.
Spietato e crudele è anche lo stile che sceglie il regista nella presentazione ultima dei fatti: la sua innata maestria - perfetti movimenti di macchina ad altezza bambino, perfetta e nitida fotografia, perfetta resa dei bravissimi attori e della presa diretta del dialetto locale...- è senza compiacimenti, ma è una perfezione che non ci consola.
Come per i 770 morti della strage di Monte Sole non vi è stata possibilità di appello, così pure lo spettatore non troverà un attimo di tregua nel montaggio serrato che non vuole regalarci dissolvenze romantiche nel drammatico susseguirsi degli eventi. Spesso invece si spezza, rapido e brusco, come rapidamente e bruscamente si spezzano le vite di quegli innocenti.
L'Uomo Che Verrà è una stupenda pellicola che all'emozione tipica del buon cinema unisce il valore di un reperto storico: la sua visione ci arricchisce. Un'occasione da non perdere.
Pubblicato anche su MyMovies.it