venerdì 14 novembre 2008

MAMMA MIA! - ripescaggio -

Non si tratta di improvviso buonismo. Semplicemente, la scelta delle ultime pellicole viste non era pilotata verso il capolavoro, bensì verso un buon prodotto d’intrattenimento.
E anche il musical MAMMA MIA! non ha deluso le aspettative. Anzi.
Nell’esile trama imbastita e cucita addosso alle meravigliose canzoni degli ABBA, tutte da riscoprire, troverete una serie di solari e spensierati motivi per dimenticare le tristezze della vita quotidiana e godervi il vostro meritato paio d’ore di svago.
Nel brillante contorno di un'isoletta greca, nelle belle voci di un’insolitamente allegra Meryl Streep e della giovane e angelica Amanda Seyfried, nelle vivaci coreografie dei balletti, nel trascinante e catartico ritmo d’indimenticabili melodie tipo “Dancing Queen”, avrete plausibili giustificazioni per sgranare gli occhi e sorridere compiaciuti di tanta leggerezza.
Il montaggio ha forse un po’ di sbavature e nel cast spadroneggiano le donne mentre gli uomini gigioneggiano, ma va bene così. Il resto è soltanto buona musica, emozione, allegria.
E ogni tanto ci vuole.

giovedì 13 novembre 2008

Kung Fu Panda - ripescaggio -

Ad eccezione del doppiaggio di Fabio Volo (troppo smilzo e poco comico per prestare la voce ad un ciccione esilarante), direi che quest’ultimo cartone della DreamWorks è davvero… uno spasso. E’ semplicemente divertente. E’ brillante, godibile, ben fatto.
Il protagonista, l’orso panda Po, ci conquista perché realmente simpatico.
La storia ci piace perché, senza inutili fronzoli, rassicura ognuno di noi, anche il più imbranato (la maturazione personale attraverso maggiore fiducia in se stessi è cosa possibile e accessibile a tutti).
I personaggi di contorno sono talmente ben riusciti che quasi dispiace debbano lasciare il campo al protagonista – suggerirei 6 o 7 spin-off, uno per ciascuno con la storia personale più un’altra avventura comunitaria dove possano avere più spazio.
Le lotte di Kung Fu sono coreografate come nella migliore tradizione del genere della nobile arte marziale e l’uso del rallenty ne esalta l’eleganza asservendola, però, alla comicità delle situazioni.
Le battute fanno ridere.
I disegni sono belli.
Gustatevelo.

Il principe Caspian - ripescaggio -

Colta da improvvisa pigrizia, vorrei consigliarvi la visione di questo film senza dover perorare la causa del genere fantasy a cui, per forza di cose, viene associato e che non tutti gradiscono.
Al di là di qualche creatura fantastico-mitologica e di qualche animale parlante, rischia di piacervi semplicemente per quel che è: un classico “film d’avventura” (come si diceva un tempo).
Un bel film d’avventura.
Certamente, chi conosce la saga delle Cronache di Narnia o ha visto il precedente Il Leone, la Strega e l’Armadio, non sarà sorpreso di vedere quattro ragazzini catapultati dalla Londra della seconda guerra mondiale ad un immaginario mondo parallelo.
Agli ignari vorrei dire di non sottovalutare questo divertissement molto simile ai giochi che tutti abbiamo fatto (in cui eravamo gli eroi buoni che combattevano nel tempo del C’era una volta contro i cattivissimi).
Questa pellicola rispetta infatti tutti i canoni, sia letterari che cinematografici, del miglior dramma avventuroso capace di offrire uno spettacolo del tutto degno di essere visto.
La trama ci presenta un principe coraggioso inizialmente costretto alla fuga, ma destinato a riunire antiche popolazioni, rianimando la loro rivalsa verso un sovrano dispotico, crudele e di chiara matrice shakespeariana.
In suo aiuto vengono richiamati dei personaggi leggendari che circa 1.300 anni prima avevano regnato con grande saggezza le terre di Narnia: Peter, Susan, Edmund e Lucy Pevensie.
I quattro fratelli (che, nella vita reale, avevano vissuto la precedente esperienza parallela solo un anno prima), trovano il mondo di Narnia molto cambiato: le creature che lo popolavano non sono più libere, la stirpe degli umani (loro discendenti) è crudele e bellicosa e il creatore di quel mondo, il leone Aslan al cui fianco loro avevano combattuto, sembra scomparso da secoli.
Da questo canovaccio si sviluppano con buon ritmo e buon impianto scenico, alcuni temi sempreverdi: la ferocia della tirannia, il passaggio all’età adulta, la passione per una causa comune, la speranza che non va perduta, la fede che non va dimenticata, il coraggio che non va sprecato.
Il tutto sapientemente condito da emozionanti scene di battaglia corpo a corpo e illuminato dalla bella prova d’attore dei nostri Sergio Castellitto e Pierfrancesco Favino: il primo, un re cospiratore e spietato al punto giusto, il secondo, un truce capitano dallo sguardo incredibilmente eloquente.
Dunque, l’avventura è servita: buon appetito.

lunedì 1 settembre 2008

E' tempo di risate (Non pensarci)

Ripescato ad un cinema estivo all’aperto, mi sento di consigliare caldamente questo godibilissimo film italiano dove si ride che è un piacere in parecchie occasioni. E non è poco.
Affiancato e supportato dagli ottimi colleghi e dall’ottima sceneggiatura, troviamo un bravo Mastandrea, qui assolutamente in parte, musicista scalcagnato e ironico alle prese con svariate crisi: artistica, familiare, economica…
Temi sempre attuali e non privi di spessore vengono trattati con la leggerezza tipica della commedia intelligente ed anche con un certo ritmo brioso che fa scorrere la pellicola senza intoppi.
Le gag sono puntuali come le conseguenti risate: vale proprio la pena di godersi questo film piccolo ma divertente… senza pensarci troppo.
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Il basso volo del pipistrello (Il cavaliere oscuro)

E’ passato oltre un mese da quando ho visto al cinema questo film e, trascorso questo ragionevole lasso di tempo, posso in tutta tranquillità affermare che non mi è piaciuto. Preciso: il secondo tempo non mi è piaciuto, ma questo non fa che aggravare la mia delusione.
L’opera compare così tanto sbilanciata, tra la premessa entusiasmante della prima parte e l’interminabile trafila di colpi di scena della seconda, che non può che lasciare perplessi… Belle sono, all’inizio, l’ambientazione moderna e realistica (originale per un comics movie solitamente molto sopra le righe), la freddezza sgranata della fotografia, la saggia furbizia delle spalle di Bale, Michael Caine e Morgan Freeman, la coinvolgente e straniante figura del veramente magnifico Joker-Heath Ledger… Poi, le malefatte di questo cattivissimo, sempre un passo avanti all’eroe che intanto sembra appannato e inesistente, la corruzione del male sul bene, la rivalutazione del genere umano come specie generosa, le scelte epocali su chi salvare, come quando e perché… tutto si mischia e si insegue senza tregua per un periodo talmente allungato da farti per forza chiedere: ma quando finisce? E anche: ma Batman/Christian Bale che ci sta a fare se i protagonisti sono degli altri? Insomma: disattende le ottime promesse del primo tempo. Peccato. Peccato davvero.
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martedì 15 luglio 2008

Il miracolo italiano (IL DIVO)

Il protagonista: ancora in vita. La Storia vera: appena trascorsa. Lo scenario politico: quello nostro, reale e italiano. La immaginavo un’impresa titanica (e quasi impossibile) quella di fare un film su Giulio Andreotti che fosse definibile con qualche aggettivo diverso da “interessante” - o, addirittura, “noioso”.
Mi sono dovuta ricredere.
Per il film scritto e diretto da Sorrentino, gli aggettivi si possono sprecare e bisogna scomodarne di quelli grossi e raramente (o, forse, non più) attribuiti al nostro cinema negli ultimi anni.
Roba tipo: “esaltante”, “perfetto”, “capolavoro” cominciano in qualche modo a rendere l’idea di che tipo di pellicola sia “Il Divo”. E sono la prima ad esserne stupita.
Conoscevo il talento del regista (e del protagonista Servillo), ma ero comunque scettica: il “soggetto” mi appariva talmente… ostico da rappresentare in modo credibile, cinematograficamente e biograficamente parlando, da farmi partire prevenuta. Poi è cominciato il film.
Ed è da subito una meraviglia la maestria con cui regia e sceneggiatura hanno saputo rendere coinvolgente, travolgente, stupefacente la vita di una figura tanto impegnativa, che pure conosciamo e che qui ri-conosciamo attraverso la magia del grande schermo.
Una menzione speciale alla particolarmente magica colonna sonora. Ragazzi, la colonna sonora “magica” in un film italiano? Sembra una contraddizione in termini. Ma nel Divo è entusiasmante. Butterei lì un “alla Pulp fiction” e non solo perché il cognome dei due registi fa rima.
E che il nostro Sorrentino abbia mostrato di avere nel sangue una qualche eredità americana qui si nota alla grande nella regia di certi movimenti di macchina, di certe inquadrature… spericolate, originali e del tutto inusuali nel cinema di casa nostra.
E’ come se sottolineassero l’intento di mostrarci la realtà già nota sotto tutta un’altra angolazione. Scopo raggiunto: la visuale si ribalta e ci ritroviamo a guardare l’incresciosa vicenda italiana da sotto in su, dall’alto in basso, dentro e fuori, come quando si rivolta un calzino.
E il mitico divo Giulio fa la sua porca figura (in entrambi i sensi): da un lato può sembrare come ci aspettavamo/sospettavamo/sapevamo che fosse, dall’altro è tutto da scoprire…
Se proprio devo trovare un difetto a questo film altrimenti ineccepibile, additerei il breve monologo del divo sul Bene e sul Male: inizialmente mi aveva colpito per il suo climax ascendente, ma, tutto sommato, è “un po’ troppo” teatrale. Però è come cercare il pelo nell’uovo, risaputo simbolo di perfezione.
Che fate ancora seduti lì? Correte in sala: il buon Cinema è servito!
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giovedì 3 luglio 2008

Un piacevole interludio (ONCE)

Acquistate il biglietto per ONCE e, una volta seduti in poltrona, immaginate di non essere al cinema. Pensate invece di essere stesi su un’amaca, il dondolio vi culla dolcemente, una piacevole brezza vi accarezza la pelle e, ad occhi chiusi, state ascoltando la vostra musica preferita: una compilation di canzoni capaci di scaldarvi il cuore evocando immagini, emozioni, moti dell’anima.
Questo è l’effetto che vi farà questo film. Il potere della sua colonna sonora, della canzone da Oscar 'Falling Slowly', dei testi (ben tradotti nei sottotitoli) e la semplicità della storia, un breve ma fondamentale incrocio di destini tra due persone normalissime con una comune passione per la musica, vi saprà conquistare.
La trama è delicata mentre la forza evocativa delle note suonate e cantate, per contro, è dirompente: un mix che non lascia indifferenti.
Il tema del casuale incontro tra sconosciuti che porta ad una svolta di vita è un classico. Qui viene però rivisto in una originale chiave di pseudo-musical a basso costo, senza fronzoli, che lascia parlare le melodie, i simpatici protagonisti, un vissuto quotidiano più che possibile.
Originale anche un messaggio di fondo, per nulla scontato di questi tempi: la possibilità, per molti incredibile, che un uomo e una donna possano essere amici. Veramente e semplicemente.
E non è poco.
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martedì 10 giugno 2008

Giungla di cemento armato… ed è neo-capolavoro (Gomorra)

Aprite gli occhi e guardate l’iper-neo-realismo di Matteo Garrone.
Ne resterete scioccati e straziati, ma ne sarà valsa la pena.
Film tratto dall’omonimo fenomeno letterario scritto da Roberto Saviano, Gomorra fotografa un’Italia che non sembra quella reale e, contemporaneamente, appare più vera di quello che possiamo immaginare.
Iper-realismo (“-vero più vero del vero-… sensazione di angoscia e dolore … trasportata nei minimi dettagli all’interno dell’opera ”).
Garrone ci piazza sotto il naso questa fotografia senza giudicare quello che ritrae, ma mettendoci di fronte al fatto compiuto che in ogni foto è fissato in modo indelebile.
Guardandola, siamo noi ad entrare nella storia che racconta, a studiarne i personaggi, a cercare di catalogarne alcuni come esseri umani anziché come bestiame feroce e impazzito, a dare emozione al ritratto impietoso.
Un’emozione ansiogena che toglie il respiro.
E’ Garrone che ci lascia in apnea e lo fa così: incollando la telecamera alla nuca dei protagonisti.
A loro sta col fiato sul collo, come fa la Camorra con le sue vittime che devono continuamente guardarsi le spalle, come farebbe un Vampiro che in quel punto sta per succhiare il sangue, tirare via la linfa vitale.
E a noi toglie ogni possibilità di respirare perché lo sguardo non può spaziare, non può rigenerarsi in una visione panoramica d’insieme.
No, siamo costretti a guardare, non possiamo distrarci: così vicini alla crudezza di una vita infame, non possiamo voltarci da un’altra parte e fare finta di niente.
Più che meritato il successo di libro e film, che ci hanno fatto conoscere la legge della giungla di cemento armato, e sanguinario, che ci teniamo in casa.
Più che consigliata (oltre che la lettura), la visione in sala di Gomorra: per spettatori coraggiosi, sicuri di volersi calare nel film.
A quelli che opteranno per il piccolo schermo, un monito: l'istinto di sfuggire alle immagini cambiando canale sarà quasi irresistibile...
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venerdì 18 aprile 2008

Un bellissimo piccolo grande film (JUNO)

Domandatevi che cosa cercate in un film per definirlo “bello” e in JUNO lo troverete.
Di cosa avete bisogno?
Forse di una trama semplice, ma anche avvincente? Che sia attuale eppure divertente, che possa indurvi alla riflessione senza spegnervi il sorriso, che possa farvi emozionare (e molto) senza essere banalmente strappalacrime?
Necessitate magari di bravi attori, di quelli totalmente in parte anche in pochissime inquadrature, e di un’attrice protagonista talmente spontanea che, appena ventenne, ha già superato la soglia della perfezione?
Vi serve per caso una sceneggiatura dai dialoghi brillanti e senza fronzoli, rapidi e fulminanti, senza giri di parole, intelligenti e sagaci senza essere cervellotici?
Cosa volete ancora? Una colonna sonora godibile, una regia puntuale (bravo Reitman di Tank you for smoking) , un montaggio preciso?
Se cercate tutte queste cose, e altro ancora, JUNO vi saprà soddisfare… e incantare.
Per tutta la durata del film, resterete in contemplazione di una sedicenne col viso d’angelo, lo sproloquio facile, la (giovane) determinazione di un caterpillar.
Una naturale simpatia/empatia verso la piccola Juno v’incollerà al grande schermo e vi chiederete, ad ogni cambio di scena: “Adesso cosa farà? Come reagirà? Che cosa dirà?”, facendovi letteralmente pendere dalle sue labbra.
La storia è presto detta: una ragazzina normale, dalla lingua sciolta e dal cervello sveglio, decide di (passatemi l’espressione desueta) fare l’amore col suo migliore amico e coetaneo compagno di scuola. Rimasta incinta, dopo un breve confronto col neo-padre (tenetelo d'occhio), decide in autonomia di recarsi al centro “Donne ora” (un nome, un programma) per interrompere la gravidanza. All’ultimissimo minuto, però, ci ripensa e cerca una soluzione alternativa.
L’“originalità” di questa scelta diversa e il carisma di Juno fanno da perno al dipanarsi degli eventi che si snodano, non senza comprensibili ansie e plausibili incidenti di percorso, lungo le 4 stagioni.
La sceneggiatura da Oscar (meritatissimo) di Diablo Cody fa scorrere con palpitante e rapida grazia i 9 mesi e il nostro cuore scorre con loro, vola leggero su un tema difficile, ma affrontato, attraverso la sua protagonista, con l’acume, il buon senso senza pregiudizi, e il coraggio istintivo della gioventù.
Un'indimenticabile lezione (sulla purezza di adolescenza, amore e amicizia, sulla vita e la naturale generosità del genere umano), data con sorprendente e ammirabile assenza d'intenti pedagogici o giudizi morali.
Tra le tante scene meritorie di menzione, segnalo almeno quella con i genitori appena messi a conoscenza sia del fattaccio che della soluzione trovata da Juno: lo scambio di battute, una volta rimasti soli, è da manuale della commedia brillante.
Proprio come il resto del film: tutto da vedere, ascoltare, meditare. BUONA VISIONE!
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domenica 16 marzo 2008

Luci e ombre da non perdere (Persepolis)

Concedetevi di buon grado la visione di Persepolis.
Un film di animazione, distante anni luce dai fantasmagorici colori di Disney o Dreamworks, che vi farà approdare nell'originalissimo, raffinato, intelligente, lucidissimo mondo in bianco e nero di Marjane Satrapi.
I vostri occhi potranno bearsi di uno stile grafico elegante e coinvolgente al tempo stesso.
La vostra mente intanto potrà aprirsi, con ironia e sentimento, su una fetta di Storia e su un Paese (l'Iran) che spesso consideriamo lontanissimi, come di un altro pianeta e che, invece, fanno proprio parte di questo pazzo pazzo mondo.
Attraverso lo sguardo acuto, ma anche smarrito, della protagonista avrete di un ventennio iraniano un riassunto essenziale, ricco di momenti brillanti e vivaci, esattamente come essenziale, brillante e vivace può essere il disegno di una tavola a fumetti in bianco e nero.
Interessante, divertente, emozionante e ben fatto: consigliatissimo.
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domenica 9 marzo 2008

Pioggia di Oscar rosso sangue (Non è un paese per vecchi)

E' proprio vero che "Non è un paese per vecchi" non è un film per tutti.
Chi non tollera i bizzarri virtuosismi dei fratelli Coen, un impressionante numero di cadaveri resi tali da una violenza fine a se stessa, e due ore di magnetica angoscia fatta ancor più inquietante dalla totale assenza di colonna sonora, deve necessariamente restarsene a casa.
Chi ha amato il bellissimo “Fargo” e aspettava da tempo che i Coen ne replicassero i fasti, deve invece essere avvisato che stavolta i fratelli terribili spingono ancora di più sull’acceleratore del cruento, del macabro, dell’agghiacciante.
E se in “Fargo” la pioggia di sangue cadeva durante un gelido inverno e, per questo, la caduta veniva attutita dalla neve, qui cade sull’arida polvere del Texas e si raggruma seccandosi al sole del deserto, come la saliva si secca nella nostra gola ad ogni comparire sulla scena di Javier Bardem, il più psicopatico tra tutti i killer dell’ultimo decennio.
Lo vediamo, inarrestabile e insensato (come spesso vediamo Sorella Morte), inseguire Josh Brolin, asciutto reduce che non resiste a una valigetta piena di soldi sporchi, e venire a sua volta inseguito, a distanza, da Tommy Lee Jones, lo sceriffo a un passo dalla pensione a cui tocca di bilanciare, con la sua pacata saggezza, il suo sguardo triste e disilluso e le sue parole non distanti dalla vera poesia, la tragicità di un contesto così totalmente privo di consolazione.
Da brava estimatrice dei fratelli Coen ho visto questo film nel suo primo giorno di programmazione, impiegando poi oltre due settimane per somatizzarlo e non so quindi dirvi se ha meritato tutti gli Oscar di cui ha fatto man bassa.
So però che in "Non è un paese per vecchi" c'è dello stile, quello unico e originale che può inchiodarvi alla poltrona del cinema (come immagino l'omonimo libro di McCarthy potrà inchiodarvi a quella di casa).
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martedì 26 febbraio 2008

Un biglietto di sola andata (Into the Wild)

Questo film è da vedere.
Non perché sia davvero un capolavoro, come qualcuno potrebbe dirvi.
E’ un bel film, ben diretto, ben interpretato, ben fotografato e ben musicato, ma potreste anche giudicarlo, il giorno dopo, un esercizio di stile (ben riuscito) faziosamente poetico.
Questo film è da vedere.
Non perché dobbiate per forza immedesimarvi col suo protagonista, realmente esistito: un giovane e affascinante anti-eroe idealista come credevamo non ce ne potessero più essere nella nostra epoca (specialmente negli anni ’90, in piena filosofia yuppies).
Potreste anche giudicarlo, il giorno dopo, un intellettuale egoista e testardo che cerca le risposte alle sue domande in un luogo sperduto, quando avrebbe potuto trovarle ovunque e senza causare sofferenza a se stesso e a chi lo amava.
Questo film è da vedere.
Non perché il tema “on the road” sia appassionante per la sua originalità: il viaggio di ricerca e formazione è un archetipo antico, concettualizzato da secoli. E potreste anche giudicare superfluo, il giorno dopo, lasciarvi affascinare da qualcosa che abbiamo già nel sangue, che fa parte della nostra vita, oltre che della nostra cultura, perché lo sapevate già che viaggiare alla scoperta del mondo equivale a scoprire noi stessi.
No. Questo film è da vedere, anche se ripensandoci non tutto vi sarà piaciuto, perché lì, in sala, in quel momento, non mancherà di darvi delle emozioni.
Da subito, dalle prime scene, dalle prime parole che leggerete sovrapposte alle immagini, dalla prima inquadratura che si alza sul paesaggio, dalle prime note della colonna sonora.
Vi regalerà un attimo fuggente, un sogno di Libertà che almeno una volta nella vita abbiamo fatto e poi si è perso dopo un brusco risveglio, un ricordo di quello che abbiamo dentro e a cui non sappiamo dar voce.
Vi regalerà l’America, non quella riduttiva di “Sex & the city”, ma quella sconfinata e vasta come la nostra anima, quella da Far West, da profondo Sud, da pionieri, da ultima frontiera. Un promemoria su quanto questo Pianeta non sia affatto troppo piccolo e nemmeno sovraffollato.
Vi regalerà una strada dove incontrare, insieme, Madre Natura e la Natura Umana, lungo la quale capire che “La Felicità è reale solo se condivisa”, dove non conta la meta: l’importante è aver viaggiato.
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lunedì 28 gennaio 2008

I due lati della medaglia (Io sono Leggenda)

Come in quasi tutte le cose della vita (fatti, persone, scelte) coesistono aspetti positivi e aspetti negativi, così pure in questo film troverete qualcosa che vi piacerà moltissimo e qualcosa che potrebbe non piacervi affatto.
Se siete appassionati di fantascienza, troverete nella trama un tema classico (e sempreverde) del genere: l’esperimento scientifico fallimentare che crea una pandemia tale da mettere a rischio l’intera umanità.
Se siete amanti della suspense, avrete di che saltare sulla poltrona ad ogni comparire degli arrabbiatissimi contagiati dal virus, molto ben resi dalla computer-grafica.
Se siete ammiratori di Will Smith, potrete bearvi della sua interpretazione (come sempre impeccabile) dello scienziato buono e immune, che sopravvive da solo per 3 anni nell’indomita ricerca di una cura e, anche in piena crisi di sfiducia nel futuro, capace di un sacrificio estremo per la salvezza del pianeta.
Se non rientrate in nessuno dei 3 casi precedenti, ma comunque vi piacciono i bei film, non potrete non apprezzare i primi ¾ di IO SONO LEGGENDA, dove un ‘innaturale NY desolata, un eroe solitario intenso e coinvolgente, delle palpitanti scene di caccia (non solo agli animali) e l’avanzare del tramonto e del terrore la fanno da padroni in modo più che mirabile.
Poi arriva l’altro lato della medaglia. Improvvisamente, tutto precipita con una fretta paranoica verso il finale, risolto in modo semplicistico e grossolano.
Tanto curata era la prima parte del film e tanto appare tirata via l’ultima da far perdere forza a tutta la pellicola. Da far perdere forza anche a quello che altrimenti sarebbe stato un importante messaggio di speranza.
Ed è un vero peccato non avergli dato il giusto spazio, facendoci malignamente sospettare che davvero ci siano poche… speranze di trovare, in queste mega-produzioni hollywoodiane, un minimo equilibrio tra il piacere degli occhi e il piacere dell’anima.
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martedì 8 gennaio 2008

Tra due mali… (Bee Movie)

Tra due mali bisogna scegliere il minore, o, anche, prima di agire nonostante le migliori intenzioni dobbiamo pensare a tutte le possibili conseguenze. Forse è una di queste due la morale nascosta in questa pellicola: dico “forse” perché, se una morale c’è, non è del tutto chiara. Ma andiamo con ordine.
Visivamente è un film gradevolissimo, in particolare nella fantasiosa ricostruzione dell’alveare, e c’è molto da gustare anche guardando i colori vivaci, le scene di volo e il musetto simpatico del protagonista e della sua specie. Tutte cose che non mancheranno di colpire in positivo i nostri bimbi. A noi adulti piaceranno anche alcune soluzioni di sceneggiatura o certi dialoghi brillanti e, infine, alcune parodie sulle catene di montaggio, i Top Gun, gli avvocati americani, la mania di far causa per qualsiasi motivo e l’aula di giustizia statunitense dove un-giudice-donna-di-colore non può mai mancare. Ma è proprio la parodia della causa intentata dall’ape Berry il lato debole della storia: per i più piccoli è praticamente incomprensibile e per noi grandicelli resterà forse un po’ ostica. Infatti, oltre ad essere lunga e inverosimile fino all’eccesso, ha una soluzione che lascia perplessi: il vincitore rischia di distruggere la vita dell’intero pianeta. Di qui le possibili morali? Mah… io rinvio il giudizio e lascio a voi la sentenza finale.
Certo, pensando alle sceneggiature di cartoni come (solo per fare qualche esempio) Monsters & co., o il primo Shrek, o Gli Incredibili, dove tutto fila preciso come un orologio svizzero, hanno fatto bene a mettere le mani avanti intitolandolo B movie…
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