domenica 2 marzo 2014

SNOWPIERCER - il post apocalittico coreano che piace alla critica


Dopo quasi due anni di assenza, torno al mio 
vecchio blog di recensioni inaugurando questa rentrée con Snowpiercer del coreano Bong Joon-ho, il film post apocalittico tanto amato dalla critica italiana.

Ma perché?
Perché sono tornata a scrivere che non se ne sentiva la mancanza, verrebbe da dire, ma anche: perché tutti gridano al capolavoro?

Me lo sono chiesta dopo aver visto questa pellicola lo scorso 27 febbraio, all'uscita nelle nostre sale, però andiamo con ordine. 

Di fatto, le premesse sono buone, a partire dall'ambientazione che ci presenta una glaciazione planetaria causata erroneamente dall'uomo per - ironia della sorte - risolvere il problema del riscaldamento globale.
Un treno, l'Arca sferragliante, ospita circa duemila superstiti e percorre, con un moto perpetuo e inarrestabile, un binario di quasi 440.000 chilometri intorno al mondo da diciotto anni.
All'interno dei vagoni troviamo un microcosmo sociale che ben ci è noto e che ci rende partecipi, con i "soliti" privilegiati nella prima classe in testa al treno, armati e oppressori dei passeggeri-poveracci di coda, dove invece tutto è "dolore e spaveto e puzza di sudore dal boccaporto e odore di mare morto", come canterebbe De Gregori.
Forti i contrasti visivi - uno dei veri punti di forza del film - tra le atmosfere che contraddistinguono i vari vagoni, da quelle cupe e lerce di coda a quelle talvolta surreali talvolta grottesche in prossimità della testa, dove si alternano colori e costumi a cavallo tra il vintage anni '60 e il carnevalesco eccessivo e discotecaro post 2000.

Poi abbiamo il cast stellare, dal barbuto eroe sofferente Chris-Fantastico4/Capitan America-Evans, al menomato John Hurt che in vecchiaia somiglia quasi a Gandalf, al gregario/spalla chiacchierina Jamie Bell, alla disturbante trasformista Tilda Swinton, al maturo visionario Ed Herris, tanto per citare i più noti.



Infine ecco, a imbastire il tutto, un regista coreano classe '69, qui anche co-sceneggiatore, che viene da tutti osannato per come ha gestito questa mega produzione in lingua (quasi totalmente) inglese con tanti attori di fama internazionale.

Quello che colpisce è per forza di cose il linguaggio stilistico di Bong Joon-ho, il quale non si piega ai dettami di tipo hollywoodiano e mantiene, imperturbabile, i suoi tempi tutti orientali con cali di tensione e lunghe pause filosofeggianti tra una scazzottata e l'altra.
Questo lo trovo motivo di vanto e gliene rendo merito.

Ma qui il dubbio mi sorge spontaneo: davvero basta questo per urlare al miracolo?
Basta diluire i tempi?
Basta mettere una musica tosta per i combattimenti e togliere tutti i rumori di sottofondo quando parlano i protagonisti?
Basta che una lunga scena di lotta sia tutta un lunghissimo rallenty?
Bastano i primi piani agli schizzi di sangue?
Basta che i "buoni" muoiano come mosche e i "cattivi" risorgano anche se feriti a morte?
Basta piazzare qua e là qualche personaggio davvero grottesco?
Basta raccontare una lotta di classe guidata da un eroe tormentato dai sensi di colpa?
No. Io dico che tutto questo non basta e non ci deve bastare.

Tanto bel materiale non privo di suggestioni e tanta voglia di stupirci di vagone in vagone non sono stati, a parer mio, dosati al meglio. 

Anche senza contare le svariate incongruenze che avrete il piacere di scoprire da soli, trovo davvero esagerati e fuori luogo gli accostamenti, fatti da alcuni, con veri masterpiece del genere come Blade Runner, Brazil e The Matrix.
Col primo, per quanto mi sforzi, non trovo niente in comune.
Al secondo ci possiamo a malapena avvicinare per la stravaganza di alcuni personaggi e qualche citazione scenografica e costumistica, senza mai raggiungere i vertici visionari di Terry Gilliam.
E in The Matrix (il primo della trilogia), dove pure ci sono alcuni momenti di parlato per forza esplicativi, non si raggiunge mai e poi mai la lungaggine di Snowpiercer dove gli spiegoni si fanno interminabili non solo per durata ma anche per numero - almeno cinque, di cui tre uno dietro l'altro nel finale!

In conclusione, data la grande attesa e gli "osanna" generali mi aspettavo molto di più.
Come dirlo in una sola parola?
Sopravvalutato.