Giusto una decina di voi non sarà ancora andata al cinema a vedere questo film. Al massimo 5 o 6 non avranno letto mai nulla su questa pellicola. Non più di 2 o 3 saranno all’oscuro del fatto che ha trionfato alla notte degli Oscar.
E’ a questo sparuto manipolo di anime perse che dico: CORRETE in sala!
Senza avere un regista americano, senza avere una produzione hollywoodiana, senza avere un cast stellare, senza intitolarsi Titanic, The Millionaire vince 8 statuette dopo essere rimasto in prima visione da dicembre a marzo. Un motivo ci sarà.
E c’è. C’è un’intera serie di buoni motivi.
L’ossatura della trama: povertà, lealtà, violenza, speranza, amore. Possono bastare elementi molto semplici per fare grande una storia.
La muscolatura, la forza motrice della pellicola: degli attori – anche i bambini – intensi e credibili, un montaggio rapido e senza intoppi, una regia vivace e puntuale, una bellissima colonna sonora (questi ultimi tre elementi quasi una costante per Danny Boyle, regista inglese di Trainspotting).
L’arteria principale: una sceneggiatura senza tempi morti. Corre dall’inizio alla fine del film trasportando la sua linfa vitale: un susseguirsi di situazioni che alternano orrore a meraviglia, strappandoci lacrime e sorrisi, suscitando rabbia e poi sollievo, tensione e poi esultanza.
L’epidermide: un’ambientazione fin troppo cruda e scomoda, seppur romanzata, nell’India meno esotica, fotografata coi suoi colori sgargianti, ma senza la patina da travel magazine, nella sua vita di strada e miseria.
Il cuore del film? Un pretesto: un destino prima crudele e poi beffardo che sa premiare chi ha fede in una meta da perseguire.
Guardate The Millionaire con interesse e un pizzico di aspettativa (che non andrà delusa), come guardereste una persona dal fascino discreto, complesso, schietto e misterioso al tempo stesso… e rischiate d’innamorarvene.
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